Alchimia della natura.

All’ingresso del cancello della villa “Le Querciolaie” all’entrata di Monteverdi Marittimo c’è un cartello: “Rolando Stefanacci – scultore”, la riproduzione di alcune sue sculture e la frase “Alchimia con la natura”. Un binomio che gli ècongeniale: quella scienza alchemica che Stefanacci approfondisce da lunghi anni applicata ora alla natura dell’immenso parco che circonda la villa cinquecentesca dove Stefanacci ha trovato da anni la quiete per i suoi “ozi Iavorativi”. Un parco ricco di querce e di lecci secolari, di macchia mediterranea e di fiori di ogni tipo “emergenti” da una terra che gli ha donato quella pietra alberese colore giallo – rosa con cui poi ha realizzato tante delle sue sculture e di cui si è servito per costruire alcune originali villette immerse nella vegetazione.Da tempo Stefanacci ha codificato il suo lavoro in una monografia che abbraccia il suo lavoro fino al 1998. Un lavoro che proprio negli ultimi anni ha assunto aspetti di grande interesse per la qualità del prodotto ma soprattutto per quei significati esoterici sottesi ma intuibili negli elementi compositivi. “L’arte – dice Stefanacci – è alchimia”. E continua: “Fin dai tempi più antichi, già da quando gli uomini si erano appena scostati dallo stato di natura, l’artista comprende che la materia è composta da elementi. Distillando i colori da vegetali, terre, ossidi e minerali, ne prova a delineare le forme, attraverso scene rappresentative di eventi, e geroglifici da usare quale primordiale, ma universale veicolo di comunicazione. Egli intuisce che può usare ogni materiale, legno e pietra, metalli e quant’altro il meraviglioso universo con lui condivide. Sente l’irrefrenabile bisogno di onorare quelle forze, che gli permettono e quasi lo costringono, a comporre e scomporre secondo la sua intimistica percezione, templi, monumenti e rappresentazioni divine.

“Ma perché – chiediamo – l’arte è alchimia?”. “In tale infinita ricerca – aggiunge Stefanacci – l’artista (ma anche l’uomo) si scopre egli stesso frutto di un processo alchemico. E si riconosce completamente assorbito nel ciclo di composizioni e scomposizioni, in ciò non diversamente dalla materia che ha plasmato e dagli oggetti che ha rappresentato. Percepisce in un istante di essere, egli per primo, opera di un artista sublime ed eterno, per tale via compenetrandosi con l’essenza animica che vivifica l’universo. E tale profonda consapevolezza dell’incessante alternanza di composizioni e scomposizioni che ha consentito la mia stessa esistenza, della quale l’arte è la suprema espressione.
Sull’abbrivo di questa concezione che germina da approfonditi studi sulla conoscenza (“Meglio incamminarsi nel buio profondo – afferma – che fermarsi a guardare le cose superficiali”) Stefanacci negli ultimi anni è andato avanti nello studio delle dottrine ermetiche, di quella “grande opera” che è l’alchimia, una parola che ha origini antichissime, in Grecia e in Egitto, ma che in sostanza si rivela una scienza ermetica che affonda le basi nella permutazione delle forme attraverso lo spirito.
Nel tempo Stefanacci ha ottenuto consensi e gratificazioni al suo lavoro, come artista ma anche come uomo. Tra le tante da ricordare uno scritto del professor Antonio Bagni in occasione di un intervento artistico di Stefanacci nel cimitero di Agliana in Toscana dove ha decorato una cappella con splendide ceramiche. Parole che centrano i due aspetti, quello artistico e quello umano di Stefanacci: “L’incontro con una persona è sempre – scrive – per chi lo sa cogliere, un input creativo per vivere in pienezza la propria dimensione umana, a livello individuale e sociale. Quando incontri Rolando Stefanacci, un uomo e un artista a tutto campo, senti dentro un fluido che ti scuote interiormente, che ti spinge a cercare nel mistero dell’esistere i segni di un modo diverso, antico e nuovo al tempo stesso, di respirare la vita”. E quando non c’è la presenza fisica di Rolando ci sono le smaltate visioni rivelatrici delle sue ceramiche, che ti invitano alla ricerca delle arcane ragioni del vivere. Le sue opere, frutto di un’intensa e profonda attività di riflessione, sia per comprendere la realtà che per comunicarla, trasfigurano in simboli significativi i più semplici fatti quotidiani della vita illuminandoli di luci e colori in perfetta simbiosi con la natura, con il mistero delle sue stagioni, con i raggi del sole e con il chiarore della luna.”
“Ho la fortuna – continua – di vivere ad Agliana, piccolo comune tra Pistoia e Prato, dove Rolando, in spirito di amicizia e con grande generosità, ha donato alcune sue opere, non per vana ricerca di gloria, ma per lasciare una traccia, un messaggio a coloro che le vedranno e sapranno leggerle con cuore puro. Nella vecchia Casa Comunale, a fianco della scala che porta alla sala consiliare e di fronte all’ingresso della biblioteca, si staglia una sua ceramica di circa tre metri e mezzo di altezza e uno di larghezza, racchiusa in una grande e lavorata cornice in noce, nella quale campeggia l’alta figura di un giovane, simbolo del Comune di Agliana (giovane per la sua recente storia anche se con origini rurali medioevali) che nelle mani tiene una bilancia, la giustizia, e una colomba, la pace.

In basso è raffigurata la Casa Comunale e una folla di popolo che vi accorre: il Comune dovrebbe essere una casa aperta alla partecipazione di tutti i cittadini per governare la comunità nella giustizia e nella pace.” Intanto, sotto il loggiato all’esterno dell’istituto Tecnico commerciale “Aldo Capitini”, nella scuola più importante di Agliana, Rolando ha lasciato il segno del suo amore per i giovani e per la cultura. Alla scoperta di questa sua opera, sono stati gli stessi giovani a leggere la ceramica di Rolando che così descrivono nel loro giornaletto ‘Fuori l’inedito!’: l’opera è alta un metro e settanta, i piedi del ragazzo che vi è rappresentato poggiano sulla calotta terrestre nella quale possiamo leggere scene bibliche; quella di destra è, con evidenza, riconducibile alla lotta fra Caino e Abele narrata nella Genesi; quella di sinistra suggerisce invece diverse interpretazioni: qualcuno infatti vi ha visto il popolo ebreo guidato da Mosè verso il monte Sinai per ricercare le tavole della legge; altri il corteo dei pastori a Betlemme in cerca della capanna del Salvatore loro annunciato; infine alcuni, attualizzando la lettura di questa immagine, vi hanno scoperto invece l’umanità che dalle antiche caverne cammina verso il futuro e il progresso.

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“L’abbraccio” (Collezione privata
Adholph Broderix)

Il ragazzo in piedi, vestito semplicemente e con aria assorta, regge in mano due oggetti: a sinistra il libro della legge divina, a destra una bilancia a significare la giustizia, gli equilibri culturali – storici -religiosi – tra i popoli che, purtroppo, attualmente non sono mantenuti dall’umanità. Il perfetto allineamento dei due piatti rappresenta un augurio affinchè il fragile equilibrio di oggi diventi stabile e duraturo domani. Gli studenti del “Capitini” concludevano così il loro articolo: Speriamo che la presenza di questa scultura nella nostra scuola sia un invito per tutti noi alla lettura della natura, di noi stessi, dell’arte e della vita.”

“Nella cappella del nuovo cimitero ‘Il Giardino’ di Agliana, Rolando ha lasciato un grande messaggio di speranza. Leonetto Tintori, pittore e restaurato-re pratese, conosciutissimo negli ambienti artistici ne spiega il significato:
Stefanacci conferma con queste ceramiche la sua disponibilità verso il rinnovamento e la valorizzazione di profondi sentimenti umani, proponendo una meditazione su valori morali e artistici di fondamentale importanza. Il concetto generale sul quale è basata la decorazione consiste nella serena visione della vita umana, dall’inizio alla fine. Al centro del frontone della Cappella, sul fondo rosso di mattoni, è posto un grande uovo, simbolo di ogni principio di vita: dalla cella bianca scoperchiata esce, neonato, l’uomo. Sulla parete destra dell’interno, slanciata, si erge Eva, profondente numerosi esseri della Terra con naturale prolificità. Di fronte a Eva, sulla parete sinistra, Adamo incede con passo reso sicuro dalla promessa di giustizia affidatogli. Dietro l’altare, sulla parete frontale, la vita al tramonto con l’ombra del legno sacrificale. Lo spirito dei defunti aleggia sulla valle aspirando alla ricongiunzione con l’universo luminoso. Sulla parete d’ingresso il pellicano, simbolo di amore e di sacrificio, conclude l’itinerario dalle limpide tonalità degli smalti”.
“Così, anche in un luogo deputato alla sofferente contemplazione della morte, Rolando ci parla di vita attraverso i simboli di una natura purificata dall’amore, nel suo moto ascensionale verso lo Spirito del Padre che, nel cielo della Cappella, vigila e attende.

È il fluido vitale di Rolando che, attraverso la luce rarefatta delle sue ceramiche è e sarà sempre, presente ad Agliana a invitarci a cercare nel mistero l’armonia della vita”.
Ecco, cercare nel mistero l’armonia della vita: tutta la simbologia che Stefanacci propone nelle ceramiche, nelle sculture e in tempo lontano nelle pitture, tende proprio a questo, a cercare gli equilibri della nostra esistenza attraverso i segreti antichi della filosofia ermetica.